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Federer e Murray in campo per (ri)prendersi Wimbledon

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UN PO’ DI NUMERI- Otto finali: 2003-2004-2005-2006-2007-2008-2009-2012, mai nessuno come Roger Federer nella storia del tennis. Sei quelle vinte. Settantasei come gli anni dall’ultima vittoria di un inglese a Wimbledon, Fred Perry nel 1936; settantaquattro come gli anni dall’ultimo inglese in finale, Henry Austin nel 1938. Zero, come le finali giocate da Andy Murray lo scozzese, ma per l’occasione inglese, a Wimbledon. Quindici come i precedenti tra Federer e Murray: otto le vittorie dello scozzese, sette quelle dello svizzero. Con la differenza che nelle finali degli slam il saldo è tutto dalla parte del sei volte re degli Championship: 2 a 0, Us Open 2008 e Australian Open 2010.

FEDERER VS MURRAY- Sono i numeri che meglio di tante parole spiegano questa finale. L’esperienza del veterano, di uno dei più grandi giocatori della storia del tennis, contro la fame e la rabbia di chi, con il peso di una nazione sulle spalle, è finalmente arrivato a cancellare settantaquattro anni di buio. Domani l’All England Club sarà diviso: da una parte il figlio prediletto, quello che ha segnato al pari di Borg e Sampras la storia del torneo, dall’altro l’unica speranza di riavere un profeta in patria (o nelle vicinanze), quello che dopo Henman ha fatto tornare la gente speranzosa sulla famosa collinetta (la Aorangi Terrace, ribattezzata “Henman Hill) per vedere dal maxischermo le sue gesta; collina ora famosa con il nome appunto di “Murray Mountain. Murray giocherà oltre che contro l’immensa classe dello svizzero, anche contro il peso della storia. Storia, sì, quella che entrambi vogliono riscrivere. Federer per tornare a essere numero uno del mondo, raggiungere Sampras con sette Wimbledon, mettere in bacheca lo slam numero diciasette e superare sempre l’americano nel numero di settimane passate in cima al ranking mondiale, per ora sono “solo” 285, e 286 quelle di Sampras. Murray, invece, la storia la deve scrivere. Per non essere sempre l’eterno secondo dietro Djokovic/Nadal/Federer, terzetto che in realtà lo rende solo il quarto della lista, quello di cui ci si ricorda nel momento in cui uno dei tre cannibali fallisce l’evento (vedi Nadal proprio quest’anno). Gioca per arrivare a vincere il primo slam in carriera, che in tanti avevano pronosticato arrivasse già qualche anno fa, segno evidente dalla mancata maturazione del giocatore.

IL PERCORSO- La strada che ha portato i due alla finale è stata senza dubbio più lunga e tortuosa per Federer. Lo svizzero ha dovuto combattere anche contro la schiena nel match che l’ha visto opposto a Malisse. Senza contare lo scontro in semifinale contro Novak Djokovic, il quale gli aveva inferto poco più di un mese fa un pesantissimo 3-0 nella semifinale del Roland Garros. Ma l’erba non è la terra, Wimbledon è un’altra storia, e venerdì è stato un Federer perfetto a battere 3-1 il serbo, nel loro primo incontro su questa superficie.

Andy ha avuto invece un percorso sicuramente più facile, con la semifinale giocata contro Tsonga e non contro, tanto per ripetersi, Nadal. Lo spettacolo anche senza lo spagnolo dall’altra parte della rete non è mancato, anzi. Il quarto set ad esempio è stato un mix di tutto ciò che c’è di più bello nel tennis: forza, tecnica, classe, follia (vedi i tuffi a rete), patos e sportività, vedere per credere la scenetta dei due contendenti nei secondi in cui si aspettava l’esisto dell’“occhio di falco” sul match point Murray.

La finale sarà quella che tutti, o quasi, volevano. Un epilogo romantico, degno di un film, tra il campione amato dalla gente, che torna con la sua immensa classe a giocare la partita conclusiva del “suo” torneo, e l’idolo, almeno per patriottismo, di casa.

Federer-Murray la finale dei record, dei romantici e dei nostalgici è servita…

foto:  Alcuni diritti riservati a Squeaky Knees

Cristiano Checchi


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